Origini e antichità

Popolamento del territorio
Risulta alquanto difficile risalire alle origini di Cartoceto.
Queste si perdono infatti nella notte dei tempi, ove una foschia nebulosa fatta di storia e di leggenda impedisce oggi, ai posteri, di avere una chiara visione degli avvenimenti. Conseguentemente, almeno fino all’anno 1000, possiamo per lo più riferirci alle vicissitudini storiche della bassa valle del Metauro nel loro insieme, e non a quelle dei singoli centri abitati (eccezion fatta per Fano e, in misura minore, Fossombrone).

I ritrovamenti di epoca pre-romana venuti alla luce nel corso degli ultimi due secoli dimostrano che il vallato attraversato dal fiume Metauro fu abitato fin dalla fase più antica del Medio Paleolitico, ossia il Mousteriano (600.000-40.000 a.C.). Nei millenni che seguirono all’ultimo periodo glaciale (ca. 10.000 a.C.), la presenza dell’Appennino determinò in Italia centrale la formazione di aree culturali distinte sui due versanti tirrenico ed adriatico. Durante l’Età del Ferro (X-VII secolo a.C.) l’area metaurense divenne l’estremo lembo settentrionale della cultura dei Piceni, come dimostrano i meravigliosi reperti venuti alla luce presso la necropoli di Novilara.

All’alba del IV secolo a.C. si ebbe la penetrazione da nord dei Celti (o Galli), provenienti da oltre le Alpi. Una delle loro tribù, quella dei Senoni, discese la penisola lungo la costa adriatica e s’insediò nel territorio compreso tra i fiumi Marecchia ed Esino, fondando alcuni insediamenti tra cui la futura Sena Gallica (Senigallia). I nuovi arrivati si fusero presto con la popolazione locale, assimilando molti aspetti della pre-esistente cultura picena (e viceversa). Fu per questo motivo che i Romani designarono poi questo territorio con il nome di Ager gallicus. Della presenza celtica è rimasta una traccia indelebile nei dialetti locali, i quali ancora oggi conservano elementi gallo-italici che li rendono più simili alla lingua romagnola piuttosto che agli idiomi marchigiani centrali parlati a sud dell’Esino.

L’età della Repubblica Romana
A partire dal 295 a.C., a seguito della vittoria conseguita nella Battaglia di Sentinum (nell’ambito della Terza Guerra Sannitica), l’area metaurense cadde nell’orbita di Roma. Nel 284 a.C. fu posta a Sena Gallica una colonia militare, nel 268 a.C. venne fondata Ariminum, mentre nel 232 a.C. l’intero territorio dell’Ager gallicus vide l’insediamento di coloni romani. Infine, nel 220 a.C., il censore Gaius Flaminius Nepo completò il collegamento stradale fra Roma e Ariminum, facendone scendere il tracciato proprio attraverso il Furlo e, da qui, lungo la valle del fiume Metauro. Da quel momento in poi, la Via Flaminia divenne uno dei caposaldi della fioritura economica ed urbanistica dell’intero territorio. Centri come Fanum Fortunae furono elevati a municipi, mentre nel contado iniziarono a formarsi pagi (villaggi), castra (accampamenti o luoghi fortificati), vici (abitazioni rurali), fora (luoghi di mercato) e conciliabula (luoghi di riunione per gli abitanti delle campagne). Lungo il tracciato della Via Flaminia vi erano poi svariate aree di sepoltura (necropoli), nonché aree di sosta e ristoro, o di cambio cavallo per i corrieri. Una di queste, citata col nome di mutatio ad Octavo, era posta proprio fra le attuali frazioni di Lucrezia e Tavernelle, ossia a metà strada tra Fanum Fortunae e Forum Sempronii (Fossombrone).

Un importante avvenimento che vide protagonista il nostro territorio durante gli anni della Repubblica fu senza dubbio la celeberrima Battaglia del Metauro fra Romani e Cartaginesi (207 a.C.), uno dei momenti decisivi della Seconda Guerra Punica (218-201 a.C.). In passato, diversi eruditi ritennero verosimile l’idea che le origine di Cartoceto, così come di altri centri abitati della vallata, fosse da attribuire ad un gruppo di soldati dell’esercito di Asdrubale scampati all’eccidio e rifugiatisi sui colli, all’epoca ancora ricoperti da folte selve boscose. Questa tesi, alquanto intrisa di poesia, romanticismo e sostenuta da argomentazioni discutibili, è ad oggi respinta dai ricercatori, non esistendo alcun riscontro storiografico o archeologica che la corrobori. Tuttavia, se la leggenda rimane leggenda, ben più reali e concrete furono le conseguenze che tale battaglia – inserita da Sir Edward Shepherd Creasy nel suo classico “The Fifteen Decisive Battles of the World” (1851) – ebbe non solo sulla nostra storia locale, ma su quella dell’intero Occidente.

Pur non esistendo documentazioni a sostegno delle fantasiose tesi “cartaginesi” del passato, numerosi documenti e testimonianze archeologiche attestano la presenza socialmente organizzata nel territorio dell’entroterra fanese sin dall’epoca romana. Tra questi spicca la nota Tabula Peutingeriana, una fedele copia medievale dell’XI o XII secolo di una carta di età romana risalente probabilmente al IV secolo, il cui archetipo risalirebbe all’Orbis Pictus esposto da Augusto nel Campo Marzio a Roma. Per quanto concerne il territorio limitrofo all’attuale Cartoceto, nella pergamena vengono solamente indicati i toponimi di Fano Fortune, Metaurum fl. e Foro Semproni, separati da un tratto dell’antica Via Flaminia affiancata dalla cifra romana XVI, probabilmente l’indicazione dell’esatta distanza, espressa in miglia, che separava Fano da Fossombrone. Seppur non venga né citata, né tanto meno raffigurata, è immaginabile che tra queste due città effigiate sulla Tabula si trovasse la sopramenzionata mutatio ad Octavo (ossia una sorta di stazione per cavalli con annesso spazio di ristoro per i viaggiatori), citata nell’Itinerarium Hierosolymitanum, la quale si sarebbe potuta trovare ubicata nei pressi di Calcinelli o di Tavernelle.

L’età imperiale
Tra il II secolo a.C. ed il II secolo d.C. particolarmente fiorente fu il centro amministrativo e commerciale di Forum Sempronii, la cui fondazione viene attribuita per tradizione a Gaius Sempronius Gracchus. Ascritto alla tribù Pollia, divenne municipio nel corso del I secolo a.C. Attualmente visibili sono i resti di buona parte dell’insediamento, frequentato sino al VI secolo ed oggi parzialmente scavato in località San Martino del Piano, a Fossombrone. Sempre alla prima età augustea risale la deduzione della Colonia Julia Fanestris (Fano), che l’imperatore Augusto riconobbe al precedente insediamento repubblicano di Fanum Fortunae.

La prosperità e la stabilità dei piccoli e grandi insediamenti disposti nella vallata vennero meno nel corso della crisi del III secolo, un periodo di forti turbolenze civili, politiche, economiche e militari per l’intero Impero Romano. Sotto Costantino, le città persero le entrate derivanti dalle tasse locali, e sotto Costanzo II le loro doti di proprietà. Questo peggiorò le già esistenti difficoltà nel mantenere l’autorevolezza dei consigli cittadini, ed i servizi pubblici offerti dalle città furono ridotti o abbandonati. I progetti di edilizia pubblica diminuirono (trattandosi più spesso di interventi di riparazione e restauro), e non di rado i materiali utilizzati nell’edilizia venivano sottratti da strutture più vecchie. Parte della popolazione, specie quella più impoverita, preferì abbandonare le città e rifugiarsi nelle campagne, mettendosi al servizio dei locali proprietari terrieri, capaci di offrire maggiori garanzie di sicurezza e sopravvivenza all’interno delle loro ville.